Una rapina a mano armata in una gioielleria finisce tragicamente: viene ucciso uno dei presenti. Quali le responsabilità dei correi? Per la risoluzione del quesito, è d'uopo soffermarsi sul cosiddetto 'dolo eventuale', con particolare riferimento all'ipotesi in cui, posto il concorso di due o più persone nella commissione di un determinato reato, uno di essi realizzi uno diverso e punito più gravemente. In primis, ai sensi dell'art. 42 del codice penale, 'nessuno può essere punito per un'azione od omissione prevista ex legge come reato se non l'ha commessa con coscienza e volontà'. Nella fattispecie, però, non può parlarsi di coscienza e volontà, ai fini della configurabilità del dolo, o di negligenza, imprudenza, imperizia od inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, per ravvisarne la colpa.
E' da dire che organizzare una rapina 'generis', come confermato dalla corte di Cassazione con sentenza n. 25239/2001, significa generare una situazione di rischio obiettivo per la vita delle persone che si trattengono nei locali che ognuno dei correi non può non aver accettato preventivamente e considerato come conseguenza decisamente prevedibile delle proprie azioni. Non rileva la circostanza che l'evento letale non fosse voluto da uno dei correi e che magari questi intendeva, invece, soltanto rapinare ed aveva, perciò, acconsentito all'uso di armi da parte dei complici.
Alla consumazione del reato, la responsabilità si estende a tutti i partecipanti allo stesso modo che, quindi, risponderanno a titolo di omicidio volontario. Il reato, previsto all'art. 575 c.p., è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno, fino all'ergastolo nei casi (circostanze aggravanti) degli artt. 576 e 577 c.p.