Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, previsto dall'art. 3 della legge n. 604/1966, consente il sacrificio dell'interesse del singolo al mantenimento del posto di lavoro a vantaggio delle esigenze dell'azienda. Esso, però, può essere intimato dal datore per fatti inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa. Il datore, cioè, ha sempre l'onere di provare: di non aver potuto utilizzare il dipendente in altra posizione nell'ambito della stessa organizzazione aziendale e che il recesso dal rapporto sia stato effettivamente determinato (nesso di causalità) da una sfavorevole situazione congiunturale non contingente tale da influire sulla normale attività dell'impresa e da rendere necessaria una significativa riduzione dei costi di gestione.
In caso contrario, come deciso dal Tribunale di Roma, sezione Lavoro, con sentenza del 10 gennaio 2001, la sanzione del licenziamento non è congrua ed efficace. Nella fattispecie di una società con più di quindici dipendenti, quindi, opera la tutela 'reale' consistente nella reintegrazione nel posto di lavoro occupato in precedenza e nel risarcimento del danno. Tale risarcimento partirà dalla data del licenziamento e sarà in misura non inferiore a cinque mensilità, con la possibilità di convertire la reintegrazione in un'indennità pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.