Possono configurarsi responsabilità penali in caso di rapporti sessuali mortali non protetti con partner affetto da Aids che ha tenuto all'oscuro la propria malattia? La questione richiama essenzialmente il problema della valutazione della condotta del reo e cioè se sia ravvisabile un'ipotesi di responsabilità a titolo di omicidio volontario sotto il profilo del dolo eventuale ex art. 575 del codice penale o a titolo colposo aggravato dalla colpa cosciente ex art. 589 e 61 n. 3 c.p.
Nel primo caso, l'agente accetta il rischio e la possibilità che si realizzi un evento diverso e non voluto: l'elemento volitivo e la consapevole volontarietà dell'evento rendono applicabili gli artt. 42 e 43 c.p. Nel caso dell'omicidio con colpa cosciente, invece, l'evento rimane un'ipotesi astratta ed il soggetto, pur considerando l'evento come possibile, agisce nella convinzione che lo stesso non si verificherà. Il dato differenziale tra le due ipotesi è ravvisabile nella previsione ovvero nell'accettazione del rischio dell'evento mentre l'elemento comune è la previsione dell'evento diverso da quello voluto.
E' necessaria, comunque, un'attenta indagine sulla volontà dell'agente, sull'età e sul livello culturale dello stesso. Nel caso in esame, considerati questi elementi, si è sostenuto che la condotta fosse imputabile ad un atteggiamento di sottovalutazione dei possibili pericoli per la salute della moglie, anche in forza del fatto che il suo stato di salute non aveva subìto processi degenerativi. Sostanzialmente, quindi, come confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 30425/2001, l'agente dovrà rispondere a titolo di omicidio colposo cosciente.
Sarà, comunque, il giudice di merito a verificare, caso per caso, l'elemento psicologico determinante la condotta del reo.