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24/6/2002

BREVI QUESITI DI DIRITTO
Condominio, usufrutto e diritto d’autore ed all’immagine
di Alessandro Basso
Domanda - Un condomino vuole affittare il proprio appartamento a studio legale. L'amministratore, però, si oppone così come l'assemblea condominiale. Chi ha ragione?
Risposta - Occorre premettere che se il regolamento condominiale non impone un determinato uso oppure non prevede limitazioni al suo uso, il condomino può esercitare nel proprio appartamento il diritto di proprietà, con le sole limitazioni stabilite dalla legge. Altre limitazioni possono scaturire soltanto dalla libera determinazione dello stesso interessato, cioè devono essere previste in un regolamento contrattuale che contenga l'atto di rinuncia di tutti i condomini. In conclusione, l'eventuale deliberazione con cui l'assemblea condominiale, a maggioranza di voti, vieti alla stesso condomino di utilizzare il proprio appartamento come studio legale è annullabile. Del tutto irrilevante sarebbe, inoltre, la tesi dell'amministratore secondo cui si attuerebbe un cambio di destinazione dell'appartamento vietato dalla legge.

Domanda - Una signora, usufruttuaria di un appartamento, ospita una sua amica. Il figlio, proprietario dell'immobile, però, vi si oppone. Può farlo?
Risposta - L'usufrutto è un diritto reale di godimento. La madre, pertanto, che ha l'usufrutto dell'immobile, può ospitare l'amica, senza dover ascoltare le richieste e le lamentele del figlio. Quest'ultimo, infatti, in quanto nudo-proprietario, ha il compito di controllare che l'appartamento non venga danneggiato e non può spingersi oltre. Anzi può anche essere cacciato di casa.

Domanda - Un pittore ritrae su un quadro una persona. Espone, poi, il quadro al pubblico, con la speranza di venderlo. Successivamente, in una mostra di città, la persona inconsapevolmente ritratta nota la propria immagine sul quadro. Come può agire?
Risposta - Secondo quanto dispone l'art. 10 del codice civile e gli artt. 96 e 97 della legge sul diritto d'autore, il ritratto di una persona non può essere esposto né messo in commercio senza il consenso dell'interessato. Deroga a tale principio sussiste soltanto se ricorre un interesse di carattere pubblico. Per un privato occorre, al contrario, il consenso perché manca l'interesse pubblico. Nel caso in esame, è pacifico che nessun interesse di carattere pubblico ricorre a giustificare la messa in mostra al pubblico. Rileva, invece, un interesse di carattere eminentemente privato e speculativo. Il pittore, che in giudizio otterrebbe una condanna pecuniaria a titolo di risarcimento-danni, potrà, quindi, tenere il quadro nella propria abitazione senza esibirlo in alcun modo o a sua scelta potrà venderlo soltanto alla persona ritratta la quale, dopo l'acquisto, potrà, ovviamente, anche distruggerlo.

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