Già mesi prima dell'uscita di questa ultima opera di Mel Gibson hanno preso vita polemiche di ogni genere: antisemitismo, troppo sangue, eccessiva violenza ecc...
Poi il grande boom in America: il record di incassi, gli spettatori morti e svenuti durante le visione del film e i vari gadget tornati di moda quali crocifissi, braccialetti e magliette che raffigurano Gesù.
Insomma, sembra di essere veramente tornati indietro ai tempi de 'L'esorcista' quando i 'buzz' e le polemiche che circondano l'uscita di un film finiscono per coprire il film stesso.
Più che la passione di Cristo, ci troviamo davanti alla passione di Mel Gibson, regista che da sempre tratta temi di alto valore come la libertà umana.
Ciò che traspare dall'opera è proprio la passione e la drammaticità dell'autore, che si rivela in scelte personalissime nel raccontare le ultime 12 ore di vita del Cristo.
L'impatto visivo è devastante: litri di sangue, tragedia amplificata a mille lacrima dopo lacrima, ma questo non va confuso con voglia irrefrenabile di splatter o esagerazione pura; Gibson, per raccontare, sceglie infatti la via del realismo e della crudezza (non crederete mica che le ultime 12 ore di vita di Gesù siano state rose e fiori vero?), penetrando tra le radici del nostro cervello e del nostro cuore, facendoci sentire quasi colpevoli di questi 126 minuti di tortura e sofferenze.
L'alternanza di brutalità e flashback è riuscitissima e non mancherà di commuovere i fedelissimi.
A rendere il tutto più autentico è la scelta di girare il film completamente in aramaico e latino, lingue affascinanti e suggestive che danno effetto alle battute, tagliando dritto e sollecitando le emozioni degli spettatori
La sceneggiatura è fedele al vangelo, rendendo infondate le inutili accuse di antisemitismo.
Gibson richiama anche echi horror e dark: le scene di Giuda tormentato dal tradimento e di Satana sono angoscianti come scene dei migliori horror di qualità del passato, non per niente i fanatici del gore hanno amato alla follia questo film.
Al centro delle torture troviamo Jim Caviezel nel ruolo di una carriera: pochissime battute in tutto il film, non un solito Gesù buonista che predica amore di qua e di là ma un Gesù molto umano, che si pone gli stessi dubbi degli essere umani comuni; una grande performance che per toccare e comunicare si serve unicamente degli sguardi e degli occhi penetranti.
Ma la figura più commovente è sicuramente quella di Maria, interpretata egregiamente da Maia Morgenstern: non è lei quella che verrà portata in croce, ma il peso che si porta dietro è grande quanto quello del figlio, il suo cuore torturato traspare dalle sue urla di dolore che provengono direttamente dall'anima.
La produzione è semplicemente kolossale, degna dei film biblici anni '50; il set, tutto montato a Cinecittà, è grandioso e mozzafiato, curatissimo in ogni minimo particolare, così come gli epici costumi.
La Passione di Cristo: un film coraggioso dal cuore impavido.
Pierre Hombrebueno è web critico di www.cinemaplus.it e Presidente dell'Italian Online Movie Awards