Una E-mail invitante annuncia un'offerta sensazionale. Un classico caso di spamming: messaggi pubblicitari non richiesti che intasano la casella di posta elettronica. Navigatori ormai abituati e rassegnati li cancellano, cercando di salvare le poche E-mail importanti tra il mucchio.
Ma le cose stanno cambiando. Per la prima volta un'azienda che inviava queste E-mail è stata condannata. Per la prima volta i diritti violati di un navigatore sono stati riconosciuti e risarciti. Mille Euro e altri 750 per le spese legali, oltre alla pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani.
La vicenda comincia con una storia simile a tante altre. Un navigatore ha la casella postale intasata. 'Tutte E-mail non richieste - dice - che mi riempivano la memoria, portavano virus, bloccavano il PC. Un giorno ho detto basta'. E qui la storia cambia, perché il navigatore, Angelo Pisani di Napoli, è avvocato e presidente dell'associazione 'Noi consumatori' che si batte per i diritti dei cittadini. Per lui basta significa prendere carta e penna e inviare al Giudice di pace una trentina di cause contro tutte le società spammatrici. La prima causa, iniziata in novembre contro un'azienda di articoli sportivi, è appena terminata.
'I messaggi pubblicitari di posta elettronica non richiesti e non preventivamente autorizzati - recita la sentenza - sono una violazione della legge sulla privacy e la società che li invia deve rispondere del comportamento illecito dei dipendenti'. È la prima condanna per spamming in Italia. L'azienda di articoli sportivi deve risarcire Angelo mille Euro per danni patrimoniali e morali e 750 Euro di spese legali. Come detto, il giudice ordina inoltre la pubblicazione del provvedimento, a spese dell'azienda, sui principali quotidiani e settimanali.
Lo spamming è vietato per legge. Viola il 'Codice in materia di protezione dei dati personali'. Sul sito dell'Autorità Garante si legge: 'I messaggi di tipo informativo o pubblicitario possono essere inviati solo se il destinatario è stato preventivamente informato e ha manifestato liberamente il suo consenso'. In caso contrario ci si può difendere in due modi: rivolgersi all'Autorità Garante per ottenere rapidamente un blocco dell'invio E-mail, o fare causa alla magistratura ordinaria per ottenere un risarcimento. Ci vuole più tempo e pazienza, ma Angelo ha dimostrato che ora è possibile togliersi la soddisfazione di colpire i mittenti direttamente nel portafoglio.
Ed è stato solo l'apripista. 'A breve termine - dice Mauro Paissan, membro dell'Autorità Garante - potrebbero arrivare molti pronunciamenti della magistratura ordinaria. C'è una reattività sempre maggiore della gente'. Mentre grandi aziende informatiche si stanno attrezzando per bloccare lo spamming, i navigatori dimostrano una inaspettata vitalità. Calpestare i loro diritti comincia a costare caro.