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13/9/2004

GARANTISMO, QUESTO SCONOSCIUTO
Ancora sul caso del senegalese aggredito a Foggia
Ricevuta, pubblichiamo una missiva inviataci da uno dei firmatari della lettera di denuncia recapitata al Sindaco di Foggia per protestare contro l'aggressione subita dal ragazzo senegalese ad opera dei Vigili Urbani. Lo scritto seguente è una risposta pubblica alla lettera del presidente dell'UNVA, Capparella.

'Egregio signore,
ci sono alcune cose che non mi convincono appieno nella Sua lettera, resa pubblica da diverse testate giornalistiche e televisive in data 8 settembre. Vorrei esplicitargliele.
Sono uno dei firmatari della denuncia inviata al sindaco, uno di quei cittadini che Lei definisce 'garantista', con il termine 'garantista' che - nelle sue parole, a mio giudizio - si flette pericolosamente, esce dal suo alveo originario, si piega snaturandosi fino a risuonare a mo' di marchio d'infamia, quasi con fastidio, come se fosse cosa estranea alla civile convivenza, al buon senso comune e - non ultimo - alla legge.
Quella legge che, in ogni circostanza, anche la più avversa, i tutori dell'ordine sono chiamati a far rispettare, rispettando.
Così che, indipendentemente dalle dinamiche che ci accusa di non aver seguito, e cioè l'inizio dei fatti e il presunto atteggiamento aggressivo del senegalese, il nostro intervento non può - in nessun caso - essere sminuito o, addirittura, meritevole di attacco.
Giacché ciò che abbiamo visto era più che sufficiente per giustificare un intervento, con le armi della democratica protesta. Ed è ciò che abbiamo fatto garantendo, nei fatti, la professionalità e l'integrità di un corpo - i vigili urbani - contro il quale non abbiamo speso una sola parola. Fa fede a questa mia ultima affermazione, la nostra stessa denuncia.
E da questo scaturisce la mia domanda: cosa intende garantire, dottor Capparella, che non sia già stato sufficientemente garantito dai garantisti cittadini di via Isonzo? Cosa intende proteggere, che non sia già sufficientemente protetto dalla legislazione vigente? Spero non un vetusto spirito di categoria.
E lo dico non già perché lo pensi, ma perché così potrebbe - ai lettori più maliziosi - sembrare. Attenzione, dunque. C'è differenza tra un abuso di potere e un tentativo di riportare alla calma un esagitato. Persino un semplice cittadino col senso del servizio civico potrebbe capirlo da solo. E c'è differenza tra un singolo episodio deprecabile e la condotta dell'intera categoria. Quindi, in situazioni simili, siamo tutti chiamati a testimoniare onestà e affrontare ciò che la realtà ci pone dinanzi, piuttosto che costruire barricate e steccati dietro cui trincerarci per difenderci ad oltranza.
Quanto a cosa avrebbero dovuto fare i vigili nell'occasione, i cittadini di via Isonzo lo hanno scritto a chiare lettere, sebbene non mi piaccia confondere i ruoli e dovermi trovare nella condizione di dispensare consigli a gente che dovrebbe già saperlo di suo. Nella lettera è scritto: '...quand'anche il ragazzo senegalese avesse opposto (sbagliando) una qualche forma di resistenza ai pubblici ufficiali, questi non avrebbero dovuto fermarlo che con le appropriate tecniche di immobilizzazione, tecniche che ogni professionista dell'ordine pubblico ha il dovere di conoscere'.
L'episodio è stato, dunque, proprio a cominciare dai firmatari della lettera, circoscritto. Mescolarlo con altri presunti episodi di violenza è del tutto vago e fuori luogo.
Così come resta nel vago Lei stesso quando sostiene che 'qualcuno accusa la polizia municipale di violenza e di aggressione verso inermi cittadini' e la vaghezza - mi permetta di sottolinearlo - non aiuta alla comprensione dei fenomeni.
Noi cittadini garanti del diritto, che abbiamo in odio qualunque abuso, che non necessitiamo di sceriffi per difendere la cosa pubblica e la pubblica quiete, siamo i primi ad attendere gli esiti di ogni singola inchiesta, per amore della verità e della giustizia, per allontanare dai singoli vigili urbani qualsiasi sospetto di abuso. Ma c'è bisogno di collaborare, se da cittadini intendiamo promuovere una cultura di partecipazione. Perché noi tutti crediamo nella partecipazione, nevvero?
Lo dico non come gratuita provocazione, quanto perché - stando sempre alla possibile maliziosa interpretazione della lettura del suo testo - frasi come: 'quegli stessi cittadini che reclamavano l'ordine e la legalità si sentono perseguitati e reagiscono con risentimento, rabbia, violenza, e chissà perché, parteggianti per il delinquente, mai a difesa del tutore dell'ordine' (da www.teleradioerre.it) possono dare l'impressione d'un accenno di fastidio per l'intromissione della cittadinanza in affari che - pare - non le debbano riguardare. Lei, anche e soprattutto in funzione del ruolo che occupa, sa meglio di me che così non è, non deve essere.
Ragion per cui, consapevole di aver fatto esattamente quanto in mio dovere di cittadino, non posso che respingere l'uso strumentale che si vuole fare delle mie affermazioni, in contesti che non siano prettamente inerenti all'episodio denunciato. La saluto'.

Lettera firmata

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