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1/2/2005

CINEMA: ‘RAY’
La vita di Ray Charles arriva sui grandi schermi
di Pierre Hombrebueno
La componente filmica che arriva a basarsi univocamente in un'unica centrifuga. L'attore come essenza, come corpo e anima di un'opera, un'ombra forgiata dalla fotografia che lo rende completamente toccabile ed assimilabile. Jamie Foxx è Ray, e Ray è il film, quindi Jamie Foxx è il film.
Nell'ultima stagione cinematografica Ray è il film che più di tutti sottolinea l'importanza dell'attore, che in questo caso non è più un attore ma un corpo a disposizione del regista Taylor Hackford, che concentra in esso il baricentro della pellicola. Quando l'attore non è più attore ma è puro corpo, pura metempsicosi dell'anima, nella più grande tradizione dell'Actors Studio. Jamie Foxx non interpreta Ray, è diventato Ray. I suoi tic nervosi diventano fulcro della scena, perché Hackford, nella sua disposizione spaziale dei dettagli e dei backgrounds, focalizza il tutto attraverso l'immagine di questo attore, che diventa consecutivamente l'anima e il cuore pulsante del film.
Che la musica di Ray Charles sia fenomenale lo sappiamo tutti, ma l'abilità del regista sta nell'essere riuscito ad infondere alla sua opera questa musicalità, grazie ad un montaggio sovrimposto di immagini e musica dinamico e serrato. La musicalità della pellicola diventa perciò vero e proprio ritmo, che non solo rende passabili le 2 ore e mezzo di durata totale, ma diventa anche puro divertissement per gli amanti di questo musicista.
Le scene di concerto sono girate in modo superbo: la disposizione spaziale degli elementi filmici assume in sé una geometrica sempre ordinata, la macchina da presa di Hackford inquadra il tutto in modo preciso nella sua ricerca di forma.
L'analisi introspettiva del personaggio è ben sviluppata, rendendo l'opera un qualcosa di puramente umano, umanissimo, perché del Signor Charles non ci viene mostrato solo il talento, ma anche le paure, i cambiamenti positivi/negativi, fino a sprofondare nella tossicodipendenza.
'Piantala con quel veleno'. 'Ma sai cosa significa essere cieco? Avere ancora paura del buio?'.
Hackford non intende giudicare gli errori di Ray, bensì mostrare come questi errori l'abbiano cambiato; non intende giustificarlo per essere stato un drogato di eroina, ma ci espone le due facce della medaglia, facendo parlare Ray, facendo spiegare a lui il perché di quelle azioni, del perché di quella dipendenza che lo portò quasi alla rovina. Hackford riesce a farci amare il protagonista, perché innanzitutto lo ama lui il protagonista, e ne fa un'icona del sogno americano, non solo per infondere coraggio agli spettatori, ma anche e soprattutto raccontarci in modo umano, la vita di questo cantante/pianista, esplorando tematiche 'extra' come il razzismo, l'amore, la famiglia.
Infine, una nota di merito a Sharon Warren, che interpreta la madre di Ray: una performance sensibilmente potente che merita molta considerazione.

Regia: Taylor Hackford
Cast: Jamie Foxx, Kerry Washington, Clifton Powell

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