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21/9/2005

LA PERIFERIA, MAI ACCETTATA
La novità di una edificazione che si aggiunge alla città preesistente
di Raffaele Giammario
Gli interventi urbani realizzati negli ultimi decenni soprattutto nelle periferie, evidenziano un’immagine mai pienamente accettata dalla stessa società e dalla stessa cultura progettuale che l’ha prodotta, presentando pressoché tutti una forte dispersione planimetrica e spaziale, una sostanziale anarchia architettonica, un rapporto casuale con l’intorno, una indeterminazione dimensionale e una tendenza alla monofunzionalità.

La dispersione determina una considerevole labilità strutturale dell’impianto insediativo che non consente di stabilire tra gli edifici apprezzabili relazioni spaziali, cosa che si traduce in una scarsa identità complessiva dell’intervento, causa di una difficile abitabilità; l’anarchia architettonica genera uno scontro tra linguaggi diversi, che impedisce all’insediamento di conseguire una tonalità ambientale accettabile, che sappia salvaguardare le diversità delle singole espressioni edilizie in un quadro di sostanziale coerenza; un rapporto casuale con l’intorno fa sì che questi interventi non riescano a produrre rapporti significativi con le aree circostanti, proponendosi come fattori di rottura della compagine urbana; l’indeterminazione dimensionale non consente di identificare l’intervento come una vera e propria unità complessa; la tendenza alla monofunzionalità costringe infine gli interventi a vivere per rigide fasce orarie, trasformandoli per periodi lunghi in veri e propri deserti, spazi abbandonati e pericolosi.

“Progettare una nuova parte di città è un’operazione complessa”. Va cercato un accordo, un’assonanza profonda che faccia sì che la parte che si accosta ad altre dimostri una organica affinità con i tessuti già presenti…non deve rischiare l’effetto mimetico ma è tenuta piuttosto a consentire la riconoscibilità dell’operazione.

L’affinità con i tracciati preesistenti e la riconoscibilità del disegno sono due requisiti che devono essere presenti in una parte della città realizzata ex novo.
A questi due caratteri va aggiunta una componente simbolico/concettuale che può riguardare i significati geometrico/rituali del disegno d’assieme, quelli matematico esoterici o alcuni segni storici particolarmente rilevanti.

Senza queste risonanze figurative e mnemoniche l’impianto insediativo si restringerebbe ai soli
contenuti tecnici non assolvendo all’obbligo di rappresentare il particolare tempo della città,
vale a dire quel particolare intreccio tra trasformazioni urbane rese improrogabili da
mutazioni funzionali e l’esigenza di esprimere nuovi rapporti tra ceti sociali in evoluzione, che ne
ha reso necessario la realizzazione.

La qualità unitaria della nuova parte urbana non significa automaticamente che la sua forma e la conseguente immagine debbano risultare troppo forti: è invece auspicabile, per quanto già detto finora, che il nuovo intervento si inserisca nella compagine urbana con naturalezza, senza eccessive contrapposizioni strutturali e figurative ma anche senza rinunciare a quelle possibilità di modificare il senso della città esistente (che ogni parte che ad essa si aggiunge possiede e vuole esprimere).

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