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4/4/2006

HO IMPARATO A NON CONFONDERE LA SERIETÀ CON LA TRISTEZZA
Conversazione con il regista Giovanni Albanese.
C’era il pubblico delle buone occasioni, venerdì 24 marzo all’auditorium della Magna Capitana, a Foggia, penultimo incontro della rassegna “Cinema Stigma e Diversità, il disagio psicologico” organizzato dalla Cattedra di Psichiatria della Università di Foggia.
Buona occasione, si diceva, per colloquiare prima insieme a tutti gli altri spettatori con il film AAAAchille, pellicola come poche oggi godibile molto più seduti in platea e non in poltrona a casa. Buona occasione ancora per colloquiare a tu per tu con il regista Giovanni Albanese.
AAAAchille è la storia di un ragazzo affetto da balbuzie che viene portato in una clinica specializzata per guarire. E’ stato girato interamente a Foggia e sul Gargano ed è un film, scritto a quattro mani con Vincenzo Cerami, autobiografico.

“Esistono dei centri per la cura della balbuzie che a raccontarlo non ci si crede. Anni fa visitai un centro di una università del nord in cui la cura era peggio della malattia. Entro e sento dei rutti pazzeschi: facevano bere litri di bevande gassate sostenendo che la parola venisse quindi incoraggiata ad uscire. Ed era un centro di logopedia. “
Rispondendo alle domande dei relatori e del pubblico, Albanese si è raccontato, prima nel disagio di
riuscire a trovare una cura per la balbuzie, o meglio dei professionisti che stessero lì ad ascoltare, a prendersi carico del problema, a spendere energie non tanto per affermare i propri metodi terapeutici, a volte fino a rasentare il grottesco, quanto ad entrare in contatto empatico con il malato.

Massimo Ranieri, Paolo Bonolis sono balbuzienti. Anche Letizia Casta, inizialmente la protagonista prevista, era balbuziente. Glielo chiesi al provino e capii che era vero quando mi disse che aveva terrore di rispondere al citofono, telefono… Tuttavia non conosco balbuzienti anziani, penso che sia dovuto alla presa di coscienza , alla fiducia in te stesso.

Riguardo proprio all’accettarsi per come si è e la necessità di paventare una normalità per non essere additati, stigmatizzati, Albanese aggiunge:

Ci sono persone che si convincono delle proprie bugie. Io e Cerami ci siamo iscritti ad un corso, quattro anni fa , entriamo in tre, fingiamo di balbettare, ci iscrivono e ci troviamo di fronte ad una camera con sedie da sdraio, e ci spiegano questo “cantoparlato” ( la tecnica usata dalla clinica del film per reintegrare i balbuzienti ). In un momento di pausa parliamo con gli altri del corso.
-Ma tu perché lo fai ? -
- Sono secondino in un carcere. –
Ho capito il dramma di quella persona.
In trent’anni, da quando ero balbuziente cioè, non era cambiato nulla. Avevo conosciuto il cantoparlato da piccolo ed era ancora li ad attirare il consenso della gente , ma …


Questo film allora non potrebbe leggersi anche come un dialogo interiore, fra l’Achille arrivato e quello ragazzino ?

Sono contento di questa osservazione perché Remo( il logopedista che sa vincere al ritrosia del ragazzino ) e Achille sono la stessa persona. Infatti alla fine Remo dice : “Da allora non l’ho più rivisto. Achille ce l’aveva fatta perché era come me.”
Non l’ho esplicitato nel film, però è uno dei sottotesti, si certo.

Nell’ottica dell’empatia il film sembra essere girato ad altezza di Achille ossia di un ragazzo di otto anni. Era nei programmi ?
Si ogni battuta è stata soppesata attentamente e ci siamo riusciti: il film è molto apprezzato dai ragazzi, li rappresenta, a giudicare dalle tante domande avute al Giffoni Film Festival ( era da dieci anni che non vinceva un italiano, ndr ). Fra i bambini so che è diventato un piccolo film di culto. Su canale 5 a luglio ha avuto il 30 per cento di share…mi avevano proposto anche di fare televisione visti i risultati…


Lei ha esordito nel panorama artistico con le sue sculture –ibridi. Poi è approdato al cinema. Nel suo sentirsi approdato-accettato, che valenza attribuisce alla indole artistica senza considerarla come una capacità ricevuta in contrappasso alla balbuzie. Molte volte infatti si ritiene che chi è privato della normalità riceva poi una “grazia” dalle connotazioni del talento. E’ proprio così ? Avrebbe fatto arte anche se la balbuzie non passava ?

La mia vita si divide a metà fra arte contemporanea e cinema. Nel film le mie istallazioni sono quelle che nella finzione creano i balbuzienti. Sono profondamente convinto che l’artista non sia un genio maledetto, almeno in questa epoca. Tu hai la capacità di movimento e di circolazione delle tue idee in proporzione a quanto sei capace di proporti, di dare; per cui qualsiasi forma di handicap non ti ricambia. Ce la fai nella misura in cui riesci a proporti.

Non esiste il genio incompreso. Si lavora in arte non la notte, non ubriachi ma al mattino, con calma, con i tempi giusti perchè sono lavori ormai di precisione e responsabilità culturale.
Anche Caravaggio, additato come genio sregolato, lavorava in silenzio, in tranquillità se manca la tranquillità, l’arte non viene fuori. E’ come si comunica insomma.
Poi l’idea di questo grande bilancione della vita, che toglie qualcosa e dà qualcos’altro non lo condivido.


Di fatti non tutti i down sono artisti e non tutti gli autistici sono come Dustin Hoffman…

Esatto: alla scuola di cinema ho raccontato proprio L’ottavo giorno, il film che avete proiettato anche qui a Cinema Stigma, confessando che vorrei scrivere un film su questo: perché una persona che noi chiamiamo down guarda un punto là e comincia a ridere con un gusto assoluto. Mi domando cosa ci sia là che non riesco a vedere. Voglio vederlo anch’io a tutti i costi. Anche se piangi, voglio sapere il perché. Voglio raccontar.
In questi anni infatti ho imparato una cosa :a non confondere la serietà con la tristezza.
Vi lascio con una frase di Remo :


“La solitudine è un cosa bellissima: basta dividerla con qualcuno”

di Luigi Starace

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