Notiziario On-Line della Capitanata (www.capitanata.it)

19/1/2006 ORAZIO APULO
Una dei massimi poeti della latinità... un po' pugliese
Una terra ricca di memorie ed una storia millenaria ma poco conosciuta: ecco il Tavoliere dei pascoli, la Capitanata dei commerci, l’ Apulia, provincia di Roma, la Daunia, regno di Diomede …

ORAZIO APULO




E’ uno dei massimi poeti della latinità, contribuì al diffondersi del mito di Roma, della classicità della poesia, fece epoca; nacque l’8 Dicembre del 65 a. C. a “Venusia” nell’odierna Basilicata, ed oggi è detto, a ragione, “poeta lucano”. Ma egli stesso dice di sé:

Anch’io faccio così, pugliese e lucano a scelta ( gli abitanti di Venosa, infatti, stanno al confine delle due regioni, e si dice che vi fossero sin dal tempo della cacciata dei Sabelli, per tenere a bada, e smorzarne ogni velleità d’aggressione, le rissose genti di Puglia e di Lucania) … 1

In effetti Venosa, luogo dell’infanzia, luogo caro, apparteneva ai confini dell’Apulia, in una località al limite, un avamposto militare, una piazza strategica per il controllo di entrambe le regioni che poi, grazie alla Via Appia venne acquisendo come tappa per i viaggiatori una importanza anche commerciale; ed egli quindi prese del carattere, fuse in sé le caratteristiche delle due genti … e nei ricordi affonda in squarci lirici puri, in alti versi, suggestivi, musicali, toccanti …


Sul Vulture d'Apulia, sfuggito al controllo
di Pullia, mia nutrice, e sommerso dal sonno
dopo il gioco, colombe misteriose
mi ricopersero, fanciullo, di frondi
novelle; 2


Dalle pendici del monte sino alle falde del maestoso fiume che attraversa la pianura, il tremendo Aufidio presso il quale ancora era viva la sciagura delle armi romane nella temperie della guerra punica (violento anche per questo?).

io crescerò rinnovandomi di continuo nella gloria postuma, finché il pontefice massimo con la vergine silenziosa salirà al Campidoglio. Si dirà che io - là dove l'Ofanto violento risuona e dove Dauno povero d'acque regna sui popoli contadini - da umile divenuto grande, abbia per primo trasferito la poesia eolica in ritmi italici 3.

“ L’Ofanto violento risuona e dove Dauno povero d’acque …”; già in un’epoca e con un impero fondato anche sull’acqua Dauno è povero d’acque, una circostanza geografica e metereologica che, in qualche modo, segna l’immobilità del paesaggio, la secolarità iscritta nelle terre solatie e nella scarsità di acqua …

Infatti in quel viaggio nello spazio ma anche nel tempo, in quel ritorno alle origini, in quel passo nei ricordi della dorata fanciullezza.
In quel resoconto di viaggio sull’Appia, dove descrive posti, luoghi, incontri, amici, piaceri dell’ora presente, (ecco che il viaggio è metafora della vita), infatti, descrive con entusiasmo vibrante e visibile la sua regione:

Ed ecco la Puglia, coi suoi noti monti bruciati dallo scirocco, e mai li avremmo potuti valicare, se la città di Trevico non ci avesse ospitati con le lagrime e il fumo di un caminetto su cui bruciavano foglie e rami freschi… poi in carrozza, velocissimamente, sollevando nuvolette di polvere, per ventiquattro miglia, per fermarci in un paesetto dove un bicchiere d’acqua costa somme favolose, ma il pane è bellissimo, tanto che il viaggiatore scaltro ne fa provviste enormi 4.

Con un sospiro parla del Tavoliere, del suo Subappennino, dei “noti monti” , ecco perché ho detto “sua regione”; i quali monti sono tanto affini a quel “caro… ermo colle” di un altro grande poeta, ad Orazio limite invalicabile (ricordate Orfeo?) del ritorno del tempo passato, di lui, lì, ragazzo, al recanatense limite all’infinito. In quel “noti”, appunto, abbiamo tutta la consuetudine del venosino alle nostre campagne, abbiamo un affetto speciale, un rapporto ininterrotto e naturale, un bucolico mondo descritto semplicemente. Ma abbiamo anche la condizione umana e la sua personale esperienza a riflettere prima nei versi su l’Aufidio (l’Ofanto) violento e secco poi la meta della fonte Bandusia celebrata sempre nelle Odi questa volta fresca e gorgheggiante.
Questi monti “Bruciati dallo scirocco”, come il Vulture non sono le cime innevate del Soratte; c’è la condizione fatua dell’uomo oraziano e c’è la sua medicina, l’immortalità della poesia… prima aveva detto della sete del regno del mitico re che ritroveremo, come si sa, in Virgilio; ebbene di quella sete egli venne nutrendosi nella volontà di distinzione che sarà da leit motiv del libro delle Odi, ad esempio.
Il ritorno, dunque, poetico all’infanzia è da intendersi come il ritorno trasognato all’età dell’oro che coincide storicamente con quella pax augustea che sembrò potesse riportare l’Impero ai fasti dell’epopea repubblicana. Un sotteso sentimento di pace, anche manifestato in quel “sogno” di una villa in campagna poi donatagli da Mecenate. Diciamo che in quella villa suburbana egli ha così potuto ricreare quel paese d’origine, quell’ambiente tranquillo, silvestre, abulico che gli concesse l’ “otium”; quella villa ha simboleggiato Venosa alle porte di Roma. In questo c’è il cuore di un Orazio nostalgico, “lirico”.

Un altro riferimento che non possiamo omettere e che in qualche modo completa il quadro della presenza intima della geografia apula nel poeta si ha quando parla, invece, del promontorio garganico paragonato allo sciabordare del mare o all’applauso degli spettatori ai ludi …

Garganum mugire putes nemus aut mare Tuscum,
tanto cum strepitu ludi spectantur et artes
diuitiaeque peregrinae, quibus oblitus actor
cum stetit in scaena, concurrit dextera laeuae …5

L’unicum che sottende le tessere di questo puzzle non può che essere il binomio Apulia – infanzia come monumento innalzato contro l’oblio e l’invido tempo che trascorrendo annulla la vita. Vita recuperata, eternata in pagine, in versi morsicati, sospirati tra il livore “personale” ed invece la goliardia che apostrofa quello stesso livore.

Dunque spero di aver fatto parlare il fiero Orazio, l’Orazio apulo che amò questa terra e ne portò con sé sul Campidoglio di Roma una parte.
Dai monti circostanti di Venosa all’Ofanto, dal Subappennino al Gargano egli descrisse in queste rime (alcune delle tante riferite loro) l’espressione emotiva che sempre lo accompagnò in quello scorcio apulo – lucano che resiste intatto al tempo nell’immersa natura, nel silenzio di luoghi dove il genio del vate riecheggia tra il vento che sposta le fronde degli alberi ed ai quali, Quasimodo “ante litteram”, egli stesso appese la propria cetra ed alle quali è legata parte della sua stessa grandezza.
Egli è un patrimonio delle due regioni, e come tale a me piace celebrarlo, come uomo dell’incontro, uomo ancipite, colui che tende la mano agli uni conterranei ed agli altri.

di Dioguardi Vito Lorenzo
dioguardivito@yahoo.it

1 Satirae II, 1 Sequor nunc, Lucanus an Apulus anceps:/ (nam Venusinus arat finem sub utrumque colonus,/ Missus ad hoc, pulsis, vetus est ut fama, Sabellis,/ Quo ne per vacuum Romano incurreret hostis,/ sive quod Apula gens seu quod Lucania bellum/ incuret violenta): … G. Mosca - Le Satire d’Orazio – Rizzoli 1973
2 Carmina III 4 - La sconfitta dei giganti vv. 9 – 13
3 Carmina III, 30, 10 – 14 - … Vsque ego postera/crescam laude recens, dum Capitolium./scandet cum tacita uirgine pontifex. / Dicar, qua uiolens obstrepit Aufidus/ et qua pauper aquae Daunus agrestium/ regnauit populorum, ex humili potens/ princeps Aeolium carmen ad Italos/ deduxisse modos.

4 Satirae I 5 – Incipit ex illo montes Abulia notos/ ostentare mihi, quos torret Atabulus er quos/ numquam erepsemus, nisi nos vicina Trivici/ villa recepisset lacrimoso non sine fumo,/ udos cum foliis ramos urente camino/ … Quattuor hinc rapimur viginti et milia raedis,/ mansuri oppidulo, quod versu dicere non est, / signis perfacilest: venit vivissima rerum/ hic aqua, sed panis longe pulcherrimus, ultra/ callidus ut soleat umeris portare viator: G. Mosca cit. pag. 64

5 Cfr. Epistolarum liber II 201 – 205
??

??

??

??



DIOGUARDI VITO LORENZO – ORAZIO APULO

Redazione di Capitanata.it 

Chiudi