'Da tremila anni sono sempre lì..., i più dimenticati e bistrattati personaggi del presepe: il bue e l'asino. La tradizione li ha voluti in quella grotta accanto al Bambino santo. Non di certo per esigenze coreografiche. Francesco d'Assisi ne ha capito l'importanza. Il Celano quando racconta del presepe di Greccio scrive che il Santo chiese all'amico Giovanni Velita: 'Prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza di cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello...'.
A Francesco la grotta, il fieno, il bue e l'asinello fecero capire e provare il disagio della povertà in cui volle nascere quel Dio bambino: fu un Natale d'amore, di carità e di condivisione quello di Greccio...
Signore vorrei essere quel bue per poter esserti vicino, per contemplare il tuo volto, quel Volto che un giorno vedremo faccia a faccia.
Vorrei essere quel bue per sfiorarti la pelle e toccare la tua umanità, la tua divinità.
Vorrei essere quel bue per poter sentire il calore del tuo amore, per potermi innamorare ancor più di te, amore vero ed infinito.
Vorrei essere quel bue, presenza discreta e silenziosa, per udire il sibilo del tuo respiro che si fa Salvezza per l'uomo di ogni tempo, per vedere con i miei occhi i tuoi occhi che si fanno luce che vince le tenebre, per toccare quelle tue manine che inchiodate all'albero della croce verseranno il sangue della vita, per baciarti quei piedi che percorreranno le strade della Galilea e della Palestina per annunciare l'amore eterno del Padre che è pace, gioia e giustizia.
Vorrei essere quel bue per poterti riconoscere nella mia vita, per poter aiutare l'uomo distratto, indifferente ed inquieto di ogni tempo ad accoglierti come il Salvatore: 'Venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto' (Gv 1,11).
Vorrei essere quel bue per fare di te il padrone della mia vita, il Signore della storia, l'Alfa e l'Omega dell'avventura umana.
Signore vorrei essere anche quell'asino per poter faticare per te, per portarti ai crocicchi delle strade sul mio dorso perché tu possa continuare a predicare il tuo Evangelo.
Vorrei essere quell'asino per portare i pesi del dolore, della sofferenza, dell'incomprensione, dell'ingiustizia, delle guerre note e dimenticate.
Vorrei essere quell'asinello per poter caricare sul mio dorso Elena che non sa come pagare l'affitto di casa, Antonio che vuole andare a Molfetta per frequentare un corso di formazione ma non lo vuole nessuno perché malato di mente, Michele che scappa continuamente dalla comunità di recupero per ragazzi tossicodipendenti, Shamir che lontana dalla sua patria vuole solo lavorare e non essere espulsa, Peppe che malato di AIDS ha perso la mamma, unico bene della sua vita.
Vorrei essere quell' asinello, Signore, per poter essere vicino ai soli e agli emarginati proprio come quell'asino e quel bue stettero vicino a te, il Dio povero ed emarginato.
Vorrei essere quell'asino per poter vivere il peso dell'umiliazione, della derisione, del dipendere sempre dagli altri, dell'esclusione.
Vorrei essere quell'asinello per poter mangiare alla tua greppia, mangiatoia di vita, di pane che sazia la fame che ho di te, che nutre il desiderio di lasciarmi possedere da te, di cibarmi di te, pane di vita e d'amore, per poter essere pane spezzato per gli altri e mangiato dall'altro.
Signore, vorrei essere quel bue e quell'asinello per non essere considerato, riverito, usato, 'addomesticato', per non contare nulla dinanzi alle logiche da tornaconto ed essere disprezzato da chi conta e fa contare...
Vorrei essere tutto questo per poter gridare: 'Lo sappiamo di essere dei profanatori, ma agli occhi di Colui che non ha orrore di farsi uno di noi, siamo dei poveri peccatori che, anche in questo Natale, vicino alla gioia di sentirsi redenti, portano l'infinità tristezza di non essere ancora cristiani' (Don Primo Mazzolari).
Auguri!
Francesco Armenti