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29/5/2003

MILAN CAMPIONE D'EUROPA DI...RIGORE
Estenuante pari all'Old Trafford con la Juventus, decide dal dischetto Shevchenko
di Alessandro Basso
Foto: 'Repubblica.it'
Il giorno dopo la finalissima di Champions League vinta ai calci di rigore dal Milan regala sufficiente spazio per riflettere e scovare meriti e demeriti, sportivi ed umani, che il più delle volte è difficile riscontrare od ammettere, per così dire, 'a caldo'.
Sull'erba dell'Old Trafford di Manchester, due tra le più blasonate squadre del Campionato italiano scendono per contendersi, in una gara del tutto eccezionale e storica, il trofeo europeo più ambito del Calcio continentale.
La Juventus schiera Buffon, Thuram, Ferrara, Tudor, Montero, Camoranesi, Tacchinardi, Davids, Zambrotta, Del Piero, Trezeguet ed in panchina Chimenti, Iuliano, Birindelli, Pessotto, Conte, Di Vaio, Zalayeta. Il Milan risponde con Dida, Costacurta, Nesta, Maldini, Kaladze, Gattuso, Pirlo, Seedorf, Rui Costa, Shevchenko, Indaghi ed in panchina Abbiati, Laursen, Roque Junior, Brocchi, Ambrosini, Serginho, Rivaldo.
Un precedente incombe, però, sulla ultratrentennale storia della Coppa dei Campioni: la finale è stata decisa ai calci di rigore per ben sei volte. Si tratta del Liverpool sulla Roma nel 1984, lo Steaua Bucarest sul Barcellona nel 1986, il PSV Eindhoven sul Benfica nel 1988, la Stella Rossa di Belgrado sul Marsiglia nel 1991, la Juventus sull'Ajax nel 1996 ed il Bayern Monaco sul Valencia nel 2001.
In campo, dopo un avvio scoppiettante dei rossoneri di Ancelotti, regna per tutta la durata della gara un grande equilibrio tecnico-tattico. Da un lato il proverbiale carattere e la quadratura della squadra torinese e dall'altro il controllo delle operazioni a centrocampo e del palleggio ed il gran lavoro di Seedorf e Gattuso in copertura oltre che in fase di costruzione. Il punto forte della serata inglese della Juventus è costituito dalle corsie laterali ma l'assenza di Nedved a centrocampo si rivela una brutta spina nel fianco di Lippi fin dai primi minuti: Camoranesi, impiegato per cercare delle variazioni negli schemi d'attacco, non argina l'importante assenza del ceko.
La coppia centrale Ferrara-Montero, oltre Tudor, è d'acciaio e riesce, peraltro, a smorzare la straordinaria mobilità di Shevchenko e di Inzaghi. Proprio Shevchenko, al 7^ minuto, si rende autore di un goal che, però, viene annullato egregiamente dall'arbitro Marcus Merk che vede giusto su un doppio fuorigioco. Al 16 ^ è la volta di Inzaghi: l'ex di turno terrorizza il popolo juventino ma non Buffon, il migliore dei bianconeri in campo, che devia in angolo. Al 48^, la Juventus risponde con Conte, appena entrato, che, sfortunato, colpisce la traversa.
I minuti della gara sembrano davvero interminabili e per il Milan al 94^ si infortuna Roque Junior ma la Juve non ne approfitta. Neanche la nuova formula del 'silver goal' si rivela utile per interrompere il match che, dopo i due tempi supplementari, giunge ai calci di rigore. I tiri dal dischetto sono fatali per la Juventus. Assente Nedved e fuori Tudor e Davids, Lippi designa Trezeguet, Birindelli, Zalayeta, Montero e Del Piero: soltanto i due italiani segnano per la juventus (Dida, peraltro, troppo fuori porta sul tiro di Zalayeta) mentre il Milan va a rete con un italiano, Nesta, dopo il goal di Serginho, sbagliano Kaladze e Seedorf, ed al decimo rigore il 'non italiano' Shevchenko gela Buffon, chiudendo l'aspra guerra psicologica, ed infiamma Ancelotti alla sua prima finale storica da allenatore. Per lui, eterno secondo sulla panchina bianconera, un trofeo insperato che arriva in un momento d'oro per il Milan e lo sveglia dal torpore degli ultimi anni. Per Lippi, invece, l'ennesima finale di Champions League persa, dopo quelle con il Borussia Dortmund ed il Real Madrid, non può che turbare il magico sogno di un trionfo a 360°, dopo lo scudetto recentemente conquistato.
Quanto sia italiano questo trionfo europeo è difficile stabilire: la roulette dei calci dagli undici metri, formula che andrebbe cancellata al più presto dai regolamenti di Calcio, non toglie merito a Lippi e non ne da ad Ancelotti ma si sa i numeri, anche se spesso non rispecchiano la gloria, fanno la storia. Il Milan sale a quota sei trofei dei Campioni mentre la Juventus resta a due.

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