Un fondo si frappone tra la strada ed un altro fondo e quest'ultimo non ha sbocco diretto su di essa. Il proprietario di tale fondo, per potervi accedere e pur non sussistendo un diritto di passaggio sacralizzato in un atto formale bensì soltanto una consuetudine non ostacolata nel tempo dal confinante, attraversa il primo fondo.
Il proprietario del fondo cosiddetto 'servente di fatto' decide di chiudere con recinzione l'area di sua proprietà. Giuridicamente, come ha confermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 15972/2001, tale individuo commette il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ex art. 392 del codice penale, in quanto ha impedito il passaggio dell'altro soggetto che riteneva, invece, sussistente una servitù.
Non è infatti, accoglibile la tesi del proprietario 'servente' secondo cui, trattandosi di atti di mera tolleranza, essi non avrebbero potuto integrare da soli i presupposti di una servitù di passaggio. E' da dire, al riguardo, che i modi di costituzione delle servitù sono stabiliti agli artt. 1031 e 1058 del codice civile ovvero coattivamente o volontariamente e il caso in specie non rientra in alcuna delle due disposizioni normative. Ma ciò non è sufficiente per una condotta nel senso esaminato.
La circostanza dell'esistenza di una controversia sul diritto di passare sul fondo confinante, infatti, avrebbe dovuto indurre il titolare dell'area soggetta a servitù a rivolgersi all'autorità giudiziaria anziché agire da solo, 'facendosi arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose' (art.392 co 1 c.p.).
Va aggiunto che si ha 'violenza sulle cose' allorché la cosa viene danneggiata o trasformata o ne è mutata la destinazione. Il reato è punito a querela della persona offesa con la multa fino a lire 1 milione.