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Il 9 aprile 2003 è una data storica per il Medio Oriente. Le truppe anglo-americane, impegnate da più di venti giorni sul fronte della seconda guerra del Golfo, entrano nel cuore di Baghdad, distruggendo strutture del regime di Saddam Hussein ed occupando ogni luogo considerato di importanza militare. Ma il vero successo dei marines è sui volti della gente irachena, in particolare sciita, che, per la prima volta, sorridono ed inneggiano apertamente ai soldati dell'Occidente. Sì, proprio quell'Occidente ripetutamente scacciato come "infedele" ed "invasore", e persino Bush, il cowboy giustiziere, ora è festeggiato. Che sia soltanto una guerra di liberazione, tuttavia, è da vedere. Sono note a tutto il mondo, infatti, le enormi risorse petrolifere dell'Iraq. Saddam Hussein, il dittatore facilmente paragonabile ad Adolf Hitler, non è più l'emblema del terrore e sono crollate persino la maggior parte delle sue statue. Su di lui, però, nessuna notizia. Certo la guerra non finirà cessate le armi: bisognerà, infatti, mettere sù un governo in grado di voltare pagina in un libro che si chiamerà "democrazia". E non sarà facile fin da subito, considerate le profonde differenze anche di natura religiosa. Gli alleati, rimasti soli in questo secondo conflitto che rischiava di divenire mondiale, avranno il duro compito di insegnare la libertà al popolo iracheno, di fugare dubbi e maldicenze sui reali obiettivi di questa "invasione" e ricucire i rapporti con l'intera Unione Europea.