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22/7/2004

QUELLA TERRIBILE ESTATE DEL '43
22 luglio: una data scolpita nell'anima dei foggiani
1943. Un anno cruciale quello per l’Italia. Un anno in cui tutto sta per cambiare, in cui si sente nell’aria che ciò ch’era stato fino allora sta per scomparire e che ciò che dovrà essere è ancora lontano da individuare. Nel mezzo l’ignoto con un carico di sofferenza che sarà pesante come mai lo era stato prima.
1943. Le sorti del Paese cominciano da qui a mutare radicalmente, ma prima, quanto sangue da versare, quante lacrime, quante tragedie bisognerà sopportare. Il nuovo giorno è ancora distante e la buia notte della guerra si riempie di morti e sciagure. Tra queste, anche quella della città di Foggia che ricorda il suo tributo di sangue versato nell’estate del 1943.
Nel corso di quell’anno, la guerra stava mutando il suo corso a favore delle forze alleate che, dopo aver bloccato i tedeschi in Africa, si apprestavano ad attaccarli sul territorio europeo. Per Churchill il punto debole dell’Asse era l’Italia; era quindi dalle sue coste che bisognava iniziare l’avanzata.
Già dai primi mesi erano così cominciati frequenti voli di ricognizione sui cieli del Meridione per fotografare la situazione militare di alcune città, determinanti ai fini dell’invasione alleata. Tra esse Foggia, che era ritenuta di importanza strategica per la presenza di rilevanti impianti bellici e per la sua posizione, che ne faceva un vitale snodo sia ferroviario sia aereo. Al tempo erano presenti nella zona ben tre aeroporti militari - il Gino Lisa, il Filiasi e il Tortorella - oltre a vari campi di volo.
Dopo lo sbarco in Sicilia avvenuto il 10 luglio 1943, gli anglo-americani, ritenendo che per colpire la Germania bisognasse disporre di basi aeree in Italia individuarono proprio nel Tavoliere il terreno ideale per le loro strategie militari. Per questa scelta il capoluogo dauno e il suo circondario saranno soggetti ad un’azione bellica imponente e atroce che durò tutta l’estate e provocò un disastro di immane portata. Il fulcro di quella tragica operazione si ebbe con il bombardamento del 22 luglio, quando vennero scaricate sulla città inerme tonnellate di bombe, senza distinguere tra obiettivi militari e obiettivi civili e senza tener in alcun conto la popolazione indifesa. Al mattino di quel giorno, 82 bombardieri B17 decollati dalle basi d’Algeria e scortati da uno stormo di caccia, cominciarono a bombardare la zona degli aeroporti per poi volgere la loro opera distruttrice sulla stazione ferroviaria e sul centro cittadino.
Tra i testimoni di quella funesta giornata don Callegari, sacerdote orionino, da poco giunto in città per dirigere la nuova parrocchia di Santa Maria della Croce, così annota gli eventi nel suo diario: 'Sono le nove. L’urlo straziante delle sirene è rotto, spezzato, strozzato come un singulto dal fragore lacerante di centinaia di bombe che rovinano, a tappeto, su Foggia. Povera Foggia, che martirio! La nostra chiesa (l’edificio si trova nei pressi della stazione, ndr) è colpita da spezzoni; crollano le volte, alcuni passanti che vi si sono rifugiati grondano sangue feriti. Una bomba di grosso calibro cade nel cortile adiacente la chiesa, piega un pilone in cemento armato della cripta, fa cadere dei muri divisori: mi salvo da una gragnola di mattoni sotto un tavolo. Alcuni devoti sono feriti, un muratore che lavorava nella cripta fuggendo è raggiunto da una raffica di mitraglia: muore. La cripta dove si officia è buia come l’anticamera dell’inferno; per lo spostamento d’aria tutto è crollato... E corro dove si muore, alla stazione. La stazione è un rogo, spaventosa visione apocalittica. Un treno cisterna, colpito in pieno, ha colato un fiume di fiamme nel sottopassaggio pieno zeppo di gente. (...) L’aria è di fuoco, impregnata di polvere (...). Il piazzale della stazione è un cimitero; solo, in piedi, il sacerdote del Signore benedice i vivi e i morti. Su di lui, rabbioso e cattivo, volteggia un caccia che sgrana inutilmente i suoi grani di morte. Scende a bassa quota, ci insegue. All’altezza dell’albergo Cicolella sgancia una bomba; sono scaraventato a terra, vicino al muro, sepolto sotto sassi e calcinacci. Invoco la Madonna e l’arcangelo Raffaele. Quando mi sveglio mi chiedo se sono vivo o morto. (...) Sotto di me vi è un povero giovane crivellato nella schiena da schegge. (...) Io non sono ferito per nulla. Porto aiuto e conforto a quanti posso. (...)'.
La testimonianza, quasi in presa diretta, è drammatica. L’incursione aerea fu devastante. Ai bombardieri seguirono i caccia con le loro mitragliatrici che falciavano ogni cosa incontrassero nel loro volo. E quella, non fu l’unica aggressione della giornata. Ad essa, altre tennero dietro. Alla fine resteranno sul terreno 7643 morti.
Così come l’incursione del 22 luglio non fu la prima né l’ultima. Gli attacchi erano cominciati, in modo occasionale, probabilmente per saggiare i livelli di difesa, già nella primavera del ’43. Subirono un’accelerazione alla fine di maggio quando vennero aggrediti gli aeroporti e lo scalo ferroviario e si protrassero per tutta l’estate, visto che dopo il raid di luglio si registra un’altra pesante e indiscriminata offensiva il 19 agosto, ad opera di 233 bombardieri americani. L’incursione provocò la distruzione dei ¾ degli edifici e la morte di 9851 persone, oltre ad un numero imprecisato di feriti.
Ancora altri bombardamenti si susseguiranno nei giorni successivi, e con essi nuovi lutti. Gli attacchi abbracceranno, in cerchi via via sempre più ampi, anche le zone intorno al capoluogo dauno.
A settembre, a ridosso dell’armistizio firmato dal generale Badoglio, nuovo capo del governo dopo la deposizione di Mussolini avvenuta il 25 luglio, la città ormai sfinita si ritrovò stretta tra due fuochi: da una parte le incursioni alleate, dall’altra la feroce repressione delle forze tedesche a causa della capitolazione italiana. Tutto in un clima di totale caos dovuto allo sbandamento delle autorità incapaci di controllare la situazione.
Gli ultimi raid si abbatterono su ciò che restava della città intorno alla metà del mese e i bersagli furono ancora gli aeroporti e la stazione ferroviaria. Poi, il 27 settembre, con l’ingresso delle prime truppe alleate, la tragedia finalmente ebbe fine. Secondo i dati del comune di Foggia, la città che all’inizio dell’anno contava circa 79.000 abitanti sacrificò in quella crudele estate oltre ventimila persone. Una sciagura troppo grande per essere dimenticata.
Fabrizio Lanciotti

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